Il “Global warming” e l’eredità del Protocollo di Kyoto

Fermare “la febbre del pianeta” e superare l’impasse di Kyoto per scongiurare il rischio di disastri ambientali

 

InquinamentoLo scorso lunedì è iniziata, a Copenhagen, la più grande ed importante conferenza sui cambiamenti climatici della storia. Il meeting delle Nazioni Unite, è una grande opportunità per raggiungere un accordo condiviso che consenta di preservare il pianeta dal rischio di calamità derivanti dall’innalzamento delle temperature, il cosiddetto “Global warming”.
 
Nella capitale danese si discuterà delle strategie di contenimento del “Global warming” e degli effetti dei mutamenti climatici: secondo i calcoli degli esperti, entro la fine del secolo la temperatura del pianeta potrebbe aumentare tra 1,4 e 5,8 gradi centigradi, e i disastri ambientali, derivanti da aumento di gas “climalteranti” nell'atmosfera (inondazioni e desertificazione), rischiano di creare un flusso di 250 milioni di profughi entro il 2050.
 
Quando si parla di emissioni di gas “climalteranti”, ci si riferisce ad un inquinamento dovuto all'accumulo di gas nell'atmosfera, tra questi il principale responsabile dell'effetto serra è l'anidride carbonica o diossido di carbonio (Co2), la cui concentrazione in atmosfera è aumentata in maniera esponenziale dall'avvio della rivoluzione industriale.
 
Secondo il “Carbon Budget 2008”, presentato dalla Global Carbon Project, risulta che la concentrazione di Co2 a novembre 2009, sarebbe di 387 parti per milione contro il limite di 350, considerato come “soglia ideale” dagli scienziati. Nel 2008 era di 385 parti per milione, il 38% in più rispetto alla rivoluzione industriale (erano circa 280 parti per milione nel 1750).
 
Una crescita addebitabile alle attività umane che ha portato ad avere in atmosfera 8,7 miliardi di tonnellate di carbonio nel 2008. Inoltre negli ultimi 25 anni le temperature medie globali si sono incrementate di un tasso di 0,19 gradi per decennio.
 
Fermare la “febbre del pianeta” è una corsa contro il tempo e l’obiettivo dello stop a 2 gradi dell’innalzamento delle temperature si allontana. Questo per effetto della crescita della Co2: +40% di emissioni rispetto ai limiti del ’90, la data a cui si riferiscono la previsioni alla stesura del Protocollo di Kyoto. 

 Il Protocollo di Kyoto è un trattato internazionale in materia ambientale riguardante il riscaldamento globale sottoscritto nella città giapponese di Kyoto l'11 dicembre 1997 da più di 160 paesi in occasione della Conferenza COP3 della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Il trattato è entrato in vigore il 16 febbraio 2005, dopo la ratifica anche da parte della Russia.
Prevede l'obbligo in capo ai paesi industrializzati (le economie emergenti come Cina e India non sono vincolate dalla ratifica) di operare una riduzione delle emissioni di elementi inquinanti (Co2 ed altri cinque gas serra, ovvero metano, ossido di diazoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoruro di zolfo) in una misura non inferiore al 5% rispetto alle emissioni registrate nel '90.
Il protocollo prevede il ricorso a meccanismi di mercato, i cosiddetti Meccanismi Flessibili. L'obiettivo dei Meccanismi Flessibili è di ridurre le emissioni al costo minimo possibile; in altre parole, massimizzare le riduzioni ottenibili a parità di investimento.
Affinché il trattato potesse entrare in vigore, si richiedeva che fosse ratificato da non meno di 55 nazioni firmatarie e che le nazioni che lo avessero ratificato producessero almeno il 55% delle emissioni inquinanti; quest'ultima condizione è stata raggiunta solo nel novembre del 2004, quando anche la Russia ha perfezionato la sua adesione. Prevede inoltre, per i Paesi aderenti, la possibilità di servirsi di un sistema di meccanismi flessibili per l'acquisizione di crediti di emissioni:

 

  • Clean Development Mechanism (CDM): consente ai paesi industrializzati e ad economia in transizione di realizzare progetti nei paesi in via di sviluppo, che producano benefici ambientali in termini di riduzione delle emissioni di gas-serra e di sviluppo economico e sociale dei Paesi ospiti e nello stesso tempo generino crediti di emissione (CER) per i Paesi che promuovono gli interventi.
  • Joint Implementation (JI): consente ai paesi industrializzati e ad economia in transizione di realizzare progetti per la riduzione delle emissioni di gas-serra in un altro paese dello stesso gruppo e di utilizzare i crediti derivanti, congiuntamente con il paese ospite.
  • Emissions Trading (ET): consente lo scambio di crediti di emissione tra paesi industrializzati e ad economia in transizione; un paese che abbia conseguito una diminuzione delle proprie emissioni di gas serra superiore al proprio obiettivo può così cedere tali "crediti" a un paese che, al contrario, non sia stato in grado di rispettare i propri impegni di riduzione delle emissioni di gas-serra.

 

Le 192 delegazioni presenti alla Conferenza di Copenhagen, hanno l'arduo compito di trovare un accordo che sostituisca i vincoli di Kyoto, che scadranno nel 2012, risolverne le criticità e renderlo uno strumento efficace per vincere la battaglia contro il “Global warming”.

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Ultimo aggiornamento 26.07.2013