Limitazione o divieto di coltivazione degli OGM nell'Unione europea e in Italia

Il 2 aprile 2015 è entrata in vigore la direttiva (UE) 2015/412, che modifica la direttiva 2001/18/CE, per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di OGM sul loro territorio.

La Direttiva stabilisce un meccanismo a “regime” e misure transitorie.

Il meccanismo “a regime”, da attuarsi nel corso della procedura di autorizzazione alla coltivazione di un determinato OGM ai sensi della direttiva 2001/18/CE  o del regolamento (CE) n.1829/2003, o nel corso del rinnovo dell’autorizzazione alla coltivazione, si articola in due fasi.

Nella prima fase, durante la procedura di autorizzazione di un OGM o del rinnovo dell’autorizzazione, quando viene diffusa la relazione ai sensi dell’articolo 14 paragrafo 2 della Direttiva 2001/18/CE o il parere dell’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (European Agency for Food Safety, EFSA) ai sensi degli articoli 6 e 18 del Regolamento (CE) n. 1829/2003, lo Stato membro che intende limitare o vietare la coltivazione dell’OGM su una parte o su tutto il suo territorio, può chiederne l’esclusione dall’ambito geografico dell’Unione europea dove sarà possibile la coltivazione dell’OGM in questione, a chi ha fatto richiesta di autorizzazione alla coltivazione, per il tramite della Commissione europea.

Nella seconda fase, dopo l’autorizzazione all’immissione in commercio dell’OGM, nel caso di esplicito rifiuto di adeguamento dell’ambito geografico da parte di chi ha fatto richiesta di autorizzazione alla coltivazione, lo Stato membro può adottare comunque misure per limitare o vietare la coltivazione dell’OGM sul proprio territorio.

Tali misure devono avere motivazioni distinte dalla valutazione del rischio ambientale effettuata durante la procedura di autorizzazione, essere conformi al diritto dell’Unione europea e rispettare i principi di proporzionalità e di non discriminazione. In particolare, l’adozione di queste misure è subordinata alla sussistenza dei seguenti motivi:

  • obiettivi di politica ambientale;
  • pianificazione urbana e territoriale;
  • uso del suolo;
  • impatti socio-economici;
  • esigenza di evitare la presenza di OGM in altri prodotti;
  • obiettivi di politica agricola;
  • ragioni di ordine pubblico.

Le misure transitorie prevedono invece che, durante il periodo di sei mesi dopo l’entrata in vigore della Direttiva, cioè tra il 2 aprile e il 3 ottobre 2015, uno Stato membro possa richiedere l’adeguamento dell’ambito geografico di una richiesta di dell’ambito geografico di una richiesta di autorizzazione alla coltivazione presentata o di un’autorizzazione concessa ai sensi della Direttiva 2001/18/CE o del Regolamento (CE) n. 1829/2003, prima del 2 aprile 2015.

In Italia con la legge 9 luglio 2015, n. 114 (legge di delegazione europea 2014) è stata data delega al Governo per adottare il decreto legislativo di attuazione della nuova direttiva. Con la legge 29 luglio 2015, n. 115 (legge europea 2014) è stata data attuazione alle misure transitorie della nuova direttiva.

In applicazione della legge n. 115/2005, il Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali di concerto con il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e il Ministro della Salute, dopo il parere positivo della Conferenza Stato-Regioni, ha trasmesso alla Commissione europea le richieste di adeguamento dell’ambito geografico delle domande di autorizzazione già concesse o in via di concessione per 6 varietà di mais geneticamente modificati, al fine di escludere il territorio italiano dalla loro coltivazione. Le richieste sono state tutte accolte per cui in Italia non è possibile coltivare le varietà di mais geneticamente modificato MON810, 1507, 59122, Bt11, GA21 e 1507x59122.

Il meccanismo a regime della direttiva (UE) 2015/412  è stato recepito dal decreto legislativo 14 novembre 2018, n. 227.

 

 

 


Ultimo aggiornamento 16.10.2023