Impianti di dissalazione

La legge n. 60 del 17 maggio 2022, cosiddetta “Salvamare”, contenente “disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell’economia circolare”, ha dato avvio al processo di regolamentazione della realizzazione degli impianti di desalinizzazione, prevedendo, tra le altre cose, l’emanazione di un decreto di questo Dicastero, di concerto con il Ministero della salute, contenente “criteri di indirizzo nazionali sull’analisi dei rischi ambientali e sanitari correlati agli impianti di desalinizzazione”.

Inoltre, il decreto-legge “siccità” n. 39 del 14 aprile 2023, convertito in legge con la legge n. 68 del 13 giugno 2023, ha introdotto specifiche norme per il contrasto alla crisi idrica, semplificando, tra l’altro l’iter per la realizzazione degli impianti di desalinizzazione.

La realizzazione degli impianti di desalinizzazione si inserisce all’interno della pianificazione prevista dalla Direttiva 2000/60/CE., collocandosi come una nuova misura finalizzata a soddisfare i fabbisogni idrici dell’uomo in uno scenario climatico volto al cambiamento.

Il processo di dissalazione consiste nel separare la frazione salina delle acque marine e salmastre per la produzione di acqua a basso contenuto di sali, da utilizzare sia a fini civili che produttivi.

Gli impianti di dissalazione si suddividono in due macrocategorie a seconda del processo impiegato, quelli basati su processi termici e quelli basati su filtrazione a membrana (osmosi inversa), quest’ultimo è attualmente il processo più utilizzato.

La dissalazione richiede energia termica o meccanica per ottenere la separazione di acqua dolce dalla soluzione salina di alimentazione, ed è, pertanto, intrinsecamente energivora.

È un processo che presenta degli impatti ambientali da considerare attentamente nella valutazione del rapporto costi/benefici ed è necessario garantirne una adeguata gestione di tutte le fasi al fine di limitarne gli impatti negativi su salute umana e ambiente.

L’impatto ambientale più significativo è costituito dallo scarico di “salamoia”, concentrato salino che ha una composizione chimica simile all’acqua di origine ma con concentrazioni di sali disciolti da 1,2 a 3 volte superiori; tale prodotto secondario, può, inoltre, contenere, sostanze chimiche utilizzate durante i processi di pre- e di post-trattamento, come ad esempio antincrostanti e antivegetativi.

Alla luce dei vantaggi e dei rischi che l’attuazione del processo di desalinizzazione comporta, questo Ministero, di concerto con il Ministero della Salute, prevede di fornire con il D.M. di prossima emanazione i criteri per l’analisi dei rischi ambientali e sanitari, individuando per i primi misure relative alla caratterizzazione dell’area di scarico, al posizionamento della condotta di scarico, all’ubicazione dell’opera di presa e alla gestione dei rifiuti. Relativamente ai rischi sanitari si evidenzia la necessità identificare e mitigare i pericoli derivanti dalle caratteristiche delle acque captate, dai processi di pretrattamento, trattamento, disinfezione e rimineralizzazione delle acque nonché dai processi di stoccaggio e distribuzione legati alla produzione di acqua per scopi potabili, riferendosi anche alle disposizioni contenute nel decreto legislativo del 23 febbraio 2023, n. 18, attuativo della direttiva 2020/2184/UE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano.

 


Ultimo aggiornamento 10.01.2024