Tabella 1 - Costituenti gli ossidi di azoto
Composto |
Formula |
---|
Ossido di diazoto |
N2O |
Ossido di azoto |
NO |
Triossido di diazoto (Anidride nitrosa) |
N2O3 |
Biossido di azoto |
NO2 |
Tetrossido di diazoto |
N2O4 |
Pentossido di diazoto (Anidride nitrica) |
N2O5 |
Il monossido di azoto si forma in qualsiasi combustione ad elevata temperatura, insieme ad una piccola percentuale di biossido (circa il 5% del totale).
Le più grandi quantità di ossidi di azoto vengono emesse da processi di combustione civili ed industriali e dai trasporti autoveicolari (l'ossido rappresenta il 95% del totale) anche se ne esiste una quantità di origine naturale (fulmini, incendi, eruzioni vulcaniche ed azione di alcuni batteri presenti nel suolo come i Nitrosomonas ed i Nitrobacter).
A temperatura ambiente il monossido di azoto è un gas incolore ed inodore mentre il biossido di azoto è rossastro e di odore forte e pungente.
Il biossido di azoto è un inquinante secondario poiché non viene emesso direttamente dallo scarico o dai fumi industriali ma deriva generalmente dalla trasformazione in atmosfera consistente nell'ossidazione dell'ossido.
Gli ossidi di azoto permangono in atmosfera per pochi giorni (4-5) e vengono rimossi in seguito a reazioni chimiche che portano alla formazione di acidi e di sostanze organiche.
Gli ossidi di azoto si formano durante le reazioni di combustione ad elevate temperature (1200°) il monossido di azoto si produce in quantità maggiori del biossido in dipendenza della temperatura di combustione e della quantità di ossigeno libero.Le reazioni che avvengono sono:
Il biossido di azoto, oltre che dalla seconda reazione, si forma anche dalle reazioni fotochimiche secondarie che avvengono in atmosfera.Il biossido di azoto entra quindi in un giro di reazioni favorite dalle radiazioni ultraviolette nelle quali interviene anche l'ozono troposferico:
Le reazioni che avvengono sono:
- N2 + O2 = 2NO
- 2NO + O2 = 2NO2
Il biossido di azoto, oltre che dalla seconda reazione, si forma anche dalle reazioni fotochimiche secondarie che avvengono in atmosfera.
Il biossido di azoto entra quindi in un giro di reazioni favorite dalle radiazioni ultraviolette nelle quali interviene anche l'ozono troposferico:
- NO2 + luce solare = NO + O*
- O* + O2= O3
- O3 + NO = NO2 + O2 (1)
Tale ciclo viene alterato in presenza di idrocarburi incombusti presenti in atmosfera in quanto reagiscono con il radicale OH formando altri due radicali RO2* e HO2* i quali reagiscono con l'ossido di azoto convertendolo in NO2:
- RO* + NO = NO2 + RO*
- HO2* + NO = NO2 + OH*
In tal modo l'ozono non può più reagire con l'NO (reazione 1) e quindi si accumula negli strati bassi dell'atmosfera. I radicali RO2 e HO2, inoltre, ad elevate concentrazioni di NOx reagiscono per formare i perossiacetilnitrati (tra i quali il più importante è l'acido perossiacetilnitroso o PAN) gli alchilnitrati e gli idroperossidi.
I livelli naturali di biossido di azoto oscillano tra 1 e 9 µg/m³ inoltre le medie annuali nelle città europee non vanno oltre i 40 µg/m³. Nei paesi industrializzati i livelli sono compresi fra 20 e 90 µg/m³.
Il biossido di azoto è quattro volte più tossico del monossido; a concentrazioni di circa 13 ppm (circa 4,4 mg/m³) esso procura irritazione alle mucose degli occhi e del naso mentre l'NO può portare alla paralisi del sistema nervoso centrale delle cavie sottoposte per 12 minuti a circa 2500 ppm (circa 3075 mg/m³).
Il livello più basso al quale è stato osservato un effetto sulla funzione polmonare nell'uomo dovuto all'esposizione al biossido di azoto, dopo una esposizione di 30 minuti, è pari a 560 µg/m³; per questo l'Organizzazione Mondiale per la Sanità raccomanda per l'NO2 un limite guida di 1 ora pari a 200 µg/m³, ed un limite per la media annua pari a 40 µg/m³.
Oltre agli effetti dannosi sulla salute dell'uomo, gli ossidi di azoto producono danni alle piante, riducendo la loro crescita, e ai beni materiali: corrosione dei metalli e scolorimento dei tessuti.
Sulle piante, l'esposizione al biossido di azoto induce la comparsa di macchie sulle foglie mentre il monossido rallenta il processo di fotosintesi.
Entrambi inoltre contribuiscono alla acidificazione delle precipitazioni con conseguente deterioramento degli edifici e delle opere d'arte.
IL MONOSSIDO DI CARBONIO
Il monossido di carbonio (CO) è un gas incolore ed inodore emesso da fonti naturali ed antropiche (tra queste il 90% deriva dagli scarichi automobilistici).
Una quota considerevole di CO deriva dall'ossidazione atmosferica di metano e di altri idrocarburi normalmente emessi nell'atmosfera, da emissioni da oceani e paludi, da incendi forestali, da acqua piovana e da tempeste elettriche
L'origine antropica di tale inquinante, come detto, avviene principalmente tramite la combustione incompleta dei carburanti usati negli autoveicoli. In tal caso le emissioni di CO sono maggiori in un veicolo con motore al minimo o in fase di decelerazione, diminuiscono alla velocità media di 60-110 Km/h per poi aumentare nuovamente alle alte velocità.
La concentrazione media di CO nell'atmosfera oscilla tra 0.06 e 0.4 ppm nell'emisfero nordico, mentre nelle città italiane la concentrazione di CO e dell'ordine di 1 - 4 ppm come media annuale.
L'alto tempo medio di residenza del CO in atmosfera (circa quattro mesi), presuppone il suo utilizzo come tracciante dell'andamento temporale degli inquinanti primari al livello del suolo.
Il monossido di carbonio viene assorbito rapidamente negli alveoli polmonari. Nel sangue compete con l'ossigeno nel legarsi all'atomo bivalente del ferro dell'emoglobina, formando carbossiemoglobina.
Tra le sorgenti antropiche un ruolo importante spetta anche al fumo di tabacco: il suo contenuto di CO può arrivare a 700-800 ppm e il livello di carbossiemoglobina (composto formato dall'unione del CO con l'emoglobina del sangue) in un fumatore raggiunge il 7% contro lo 0,5% di un non fumatore che vive in un'aria pulita.
Il monossido di carbonio va considerato inquinante primario a causa della sua lunga permanenza in atmosfera, che può raggiungere i sei mesi. Gli effetti sull'ambiente sono da considerarsi trascurabili mentre quelli sull'uomo sono estremamente pericolosi.
La concentrazione di monossido di carbonio nelle città, a causa del traffico, è ben superiore a 0,1 ppm che costituisce il valore normale di un'aria non inquinata, e non sono rare medie di 30-40 ppm nei centri cittadini, raggiungendo, per qualche secondo, valori di 150-200 ppm in zone dove barriere architettoniche (sottopassi o gallerie) impediscono la libera circolazione dell'aria.
GLI IDROCARBURI
Gli idrocarburi sono composti organici a base di carbonio ed idrogeno di natura alifatica (catena lineare o ramificata tra i quali il capostipite è il metano) o aromatica (catene cicliche tra i quali il capostipite è il benzene).
Tra questi rivestono importanza i VOC (Composti organici volatili) cioè un insieme di composti di natura organica caratterizzate da basse pressioni di vapore a temperatura ambiente, che si trovano quindi in atmosfera principalmente in fase gassosa.
Il numero dei composti organici volatili osservati in atmosfera, sia in aree urbane sia remote, è estremamente alto e comprende oltre agli idrocarburi volatili semplici anche specie ossigenate quali chetoni, aldeidi, alcoli, acidi ed esteri.
Le emissioni naturali dei VOC provengono dalla vegetazione e dalla degradazione del materiale organico; le emissioni antropiche, invece, sono principalmente dovute alla combustione incompleta degli idrocarburi ed all'evaporazione di solventi e carburanti.
Il principale ruolo atmosferico dei composti organici volatili è connesso alla formazione di inquinanti secondari. In particolare, di maggiore interesse in campo atmosferico a causa del loro importante ruolo nella formazione di specie ossidanti, è la classe degli alcheni, fra cui l'isoprene e i monoterpeni, composti particolarmente reattivi emessi naturalmentedalle piante.
I composti organici volatili rivestono un ruolo fondamentale nella formazione degli inquinanti è connesso alla formazione di inquinanti secondari. In particolare, di maggiore interesse in campo atmosferico a causa del loro importante ruolo nella formazione di specie ossidanti, è la classe degli alcheni, fra cui l'isoprene e i monoterpeni, composti particolarmente reattivi emessi naturalmente dalle piante.
I veicoli a benzina contribuiscono più degli altri alle emissioni di idrocarburi, essendo la benzina una miscela di idrocarburi semplici e molto volatili.
Negli autoveicoli le emissioni maggiori si hanno a velocità basse, mentre quelle minori a velocità comprese tra i 70 ed i 100 Km/h.
Gli idrocarburi interferiscono sui processi respiratori ed irritano gli occhi, mentre alcuni tra gli idrocarburi policiclici aromatici sono cancerogeni.
Il solo idrocarburo che eserciti un effetto dannoso sulle piante è l'etilene: esso rallenta la loro crescita interferendo con gli ormoni che ne regolano il metabolismo.
GLI OSSIDI DI ZOLFO
Il biossido di zolfo è un gas incolore dall'odore acre e pungente a temperatura ambiente derivante sia da fonti antropiche che da fonti naturali.L'origine naturale deriva principalmente dalle eruzioni vulcaniche mentre quella antropica deriva dalla combustione domestica degli impianti non metanizzati e dall'uso di combistibili liquidi e solidi nelle centrali termoelettriche.Dalla combustione di ogni materiale contenente zolfo si sviluppano l'anidride solforosa e l'anidride solforica:
- S + O2 = SO2
- 2SO2 + O2 = 2SO3
La concentrazione di SO3 è generalmente inferiore a quella di SO3 in quanto la seconda reazione è molto lenta ed inoltre la SO3 viene consumata dal vapore acqueo dando luogo ad acido solforico:
Tale reazione è favorita dall'umidità dell'aria, dalla radiazione solare e dalla presenza di polveri sospese che fungono da sostanze catalizzatrici.
Di notte gli ossidi di zolfo vengono assorbiti dalle goccioline di acqua presenti nell'atmosfera dando origine ad un aerosol di sali di solfato d'ammonio e calcio e quindi alla foschia mattutina.
I livelli naturali di SO2 sono generalmente inferiori a 5 µg/m³ mentre le concentrazioni medie annue nelle aree rurali europee sono comprese fra 5 e 25 µg/m³ (OMS 1987). Dal 1990 le medie annuali registrate nelle principali città europee sono inferiori a 50 µg/m³ mentre le medie giornaliere raramente superano i 125 µg/m³ (OMS 1999). Nelle grandi città industrializzate ed in via di sviluppo la concentrazione media annuale può variare da livelli molto bassi fino a 300 µg/m³ (OMS 1998). Già alla concentrazione di 0,3 ppm (circa 0,8 mg/m³) l'SO2 comincia a non essere più tollerabile dall'uomo.
A causa dell'elevata solubilità in acqua l'SO2 viene assorbito facilmente dalle mucose del naso e del tratto superiore dell'apparato respiratorio; quindi solo le piccolissime quantità raggiungono la parte più profonda del polmone.
L'SO22reagisce facilmente con tutte le principali classi di biomolecole: in vitro sono state dimostrate interazioni con gli acidi nucleici, con le proteine, con i lipidi e con le altre componenti biologiche. E' stato accertato un effetto sinergico con il particolato dovuto alla capacità di quest'ultimo di veicolare l'SO2 nelle zone respiratorie più profonde del polmone.
Gli ossidi di zolfo svolgono un'azione indiretta nei confronti della fascia di ozono stratosferico in quanto fungono da substrato per i clorofluorocarburi, principali responsabili del "buco" dell'ozono.
Nel contempo si oppongono al fenomeno dell'effetto serra in quanto hanno la capacità di riflettere le radiazioni solari producendo un raffreddamento del pianeta.
Molto importante è il loro effetto sull'acidificazione delle precipitazioni, che porta a gravi danni ai bacini idrici ed alla vegetazione.
Per brevi esposizioni ad alte concentrazioni, inoltre, si manifesta uno scolorimento ed un rinsecchimento delle foglie con conseguente necrosi delle stesse.
Sui metalli, sui materiali da costruzione e sulle vernici si riscontrano degli effetti corrosivi dovuti all'azione dell'acido solforico che trasforma i carbonati insolubili, presenti nei monumenti, in solfati solubili che quindi vengono trascinati via.
Lo zolfo è presente anche negli oceani e si libera in atmosfera attraverso la schiuma marina; precipita poi con le piogge depositandosi direttamente e venendo poi assorbito dalla vegetazione.
Nelle città, escludendo le emissioni industriali, la maggior sorgente di anidride solforosa è il riscaldamento domestico (perciò la concentrazione di SO2 nell'aria dipende molto dalla stagione e dalla rigidità del clima).
Circa il 70% dei quasi 130 milioni di tonnellate di SO2 immersi annualmente nell'aria proviene da combustioni in impianti fissi, mentre appare trascurabile l'apporto dato dai mezzi di trasporto.
A parte gli effetti sulla salute dell'uomo, l'SO2 provoca l'ingiallimento delle foglie delle piante poiché interferisce con la formazione ed il funzionamento della clorofilla. L'effetto dannoso sulle piante è ancora più accentuato quando l'anidride carbonica si trova in presenza di ozono. Tale fenomeno si chiama sinergismo: con questo termine si intende che l'effetto di due sostanze, quando sono insieme, è maggiore della somma degli effetti delle sostanze prese separatamente. Il sinergismo si verifica di frequente negli episodi di inquinamento; per esempio l'azione dannosa di molti inquinanti è aumentata dalla presenza di particolato.
L'anidride solforosa provoca danni anche su alcuni materiali, aumentandone, ad esempio, la velocità di corrosione.
Inoltre il biossido di zolfo, combinandosi con il vapore acqueo, origina acido solforico (H2SO4), uno dei maggiori responsabili delle piogge acide.
IL BENZENE
Il Benzene (C6H6) è un idrocarburo volatile aromatico di odore caratteristico che viene immesso nell'aria principalmente per effetto delle emissioni autoveicolari e per le perdite durante le fasi di rifornimento.
Le concentrazioni medie di benzene oscillano fra 5 e 573 microgrammi/m3 (WHO 1999) anche se presso le stazioni di rifornimento di carburanti si raggiungono i 10.000 microgrammi/m³ (WHO 1987).
Gli effetti a breve termine sull'uomo agiscono sul sistema nervoso mentre quelli a lungo termine producono una riduzione progressiva delle piastrine nel sangue.
Per la sua tossicità il benzene è stato inserito dalla IARC (International Agency for Research on Cancer) nel gruppo I, insieme alle sostanze con un accertato potere cancerogeno sull'uomo.
IL PIOMBO
Il piombo è un metallo pesante emesso prevalentemente dagli scarichi degli autoveicoli a benzina super nella quale il piombo tetraetile ne accresceva il potere antidetonante ed in misura minore dalle fonderie e dai processi di estrazione e lavorazione.
I livelli ambientali di piombo variano in base alla tipologia di sito: vicino a fonderie sono stati riscontrati livelli superiori a 10 microgrammi/m3 mentre nelle città dove non viene più utilizzata la benzina super le concentrazioni sono scese anche al di sotto di 0,1 microgrammi/m³.
Gli effetti acuti si verificano solo in conseguenza di inalazione di notevoli quantità di piombo mentre quelli a lungo termine sono dovuti al suo assorbimento attraverso l'epitelio polmonare e la sua distribuzione nelle ossa, nel fegato, nei reni e nei muscoli.
I METALLI PESANTI
A questa categoria di inquinanti appartengono circa 70 elementi anche se quelli importanti dal punto di vista dell'inquinamento atmosferico sono circa venti e quelli più importanti sono: Ag, Cd, Cr, Co, Cu, Fe, Hg, Mn, Pb, Mo, Ni, Sn, Zn.
La principale fonte antropica di metalli pesanti è quella derivante dalle attività minerarie, dalle fonderie a e dalle raffinerie e dagli inceneritori di rifiuti.
Sono presenti in atmosfera adsorbiti su particolato.
L'OZONO
L'ozono (O3) è un gas tossico di colore bluastro, particolarmente nocivo se respirato in grande quantità, che produce un tipo di inquinamento fotochimico insieme ad altri inquinanti primari.
Nella troposfera la sorgente principale di ozono è rappresentata dall'ossigeno atomico messo a disposizione dalla fotolisi del biossido d'azoto.s
I processi che determinano la produzione di biossido d'azoto, e quindi di ozono, vanno sotto il nome di processi radicalici fotochimici, nell'ambito dei quali l'ozono rappresenta la specie fotochimica più importante.
L'ozono viene rimosso per fotolisi e per reazione con composti organici volatili e con ossidi di azoto.
L'ozono troposferico è un inquinante secondario prodotto per effetto delle radiazioni solari in presenza di inquinanti primari (prodotti del traffico automobilistico, dai processi di combustione, dai solventi delle vernici, dall'evaporazione di carburanti, etc.).
In zone lontane da fonti di emissione i livelli di concentrazione di ozono si assestano sui 40-70 µg/m³ come media oraria mentre nei centri urbani si raggiungono anche i 300-400 µg/m³.
Le più alte concentrazioni di ozono si rilevano nei mesi più caldi dell'anno e nelle ore di massimo irraggiamento solare mentre nelle ore serali l'ozono diminuisce. Negli ambienti interni la sua concentrazione è molto più bassa rispetto alla sua concentrazione all'aria aperta.
Nelle aree urbane l'ozono si forma e si trasforma con grande rapidità, con un comportamento molto diverso da quello osservato per gli altri inquinanti.
Nella stratosfera l'effetto schermante (a lunghezza d'onda di 200 - 300 nm) si verifica sui 25 Km di altezza mentre a circa 70 Km l'ozono è presente solo in tracce.
Il particolare comportamento dell'ozono determina anche il diverso modo di monitorarlo rispetto agli altri inquinanti. Il vento trasporta l'ozono dalle aree urbane alle zone suburbane e rurali, dove il minore inquinamento rende la sostanza più stabile. Il monitoraggio corretto di questo inquinante va fatto quindi nelle località più periferiche della città e nei parchi, dove l'ozono raggiunge i valori più alti.
L'ozono presente nella troposfera è in parte di origine naturale ed in parte legato alle attività produttive.
Gli effetti di una eccessiva esposizione sull'uomo riguardano soprattutto gli occhi e le prime vie respiratorie.
Inoltre l'ozono, penetrando all'interno delle foglie, determina alterazioni funzionali a livello cellulare che poi si esplicano macroscopicamente in clorosi e necrosi fogliare e ridotto accrescimento a livello di organismo. Ciò sembra essere uno dei principali fattori alla base del declino forestale osservato sia in Europa sia in America.
IL PAN"Il PAN (Perossiacetilnitrato) è un nitrocomposto organico che si forma in atmosfera in periodi di intensa attività ossidativi la cui formula di struttura è visualizzata nello schema seguente.
Il perossiacetilnitrato si forma dalla reazione di biossido di azoto e radicale perossiacetile, derivante a sua volta dall'ossidazione fotochimica di idrocarburi, aldeidi e chetoni, ovvero a partire da specie che a loro volta sono inquinanti secondari. La reazione di dissociazione del PAN a riformare NO2 e radicale perossiacetile è fortemente dipendente dalla temperatura: ad esempio, il suo tempo di vita medio, che alla temperatura di 27°C è di circa 30 minuti, sale a circa tre giorni alla temperatura di 17°C.
Per quanto riguarda gli effetti del PAN sull'uomo, esso causa una forte irritazione degli occhi.
Il PAN viene considerato come un efficace indicatore di attività fotochimica in quanto si forma solo attraverso processi fotochimici ed il suo breve tempo di vita medio lo rende inoltre un utile indicatore di fenomeni di trasporto a breve distanza.
L'Acido Nitrico
L'acido nitrico (HNO3) rappresenta uno dei composti terminali della catena fotochimica, che contribuisce pesantemente ai processi di deposizione acida.
La principale sorgente dell'acido nitrico in atmosfera è la reazione del biossido d'azoto con i radicali ossidrile (OH), durante gli eventi di smog fotochimico.
Gli effetti diretti dell'acido nitrico sono legati al carattere fortemente acido della molecola. La molecola di acido nitrico è molto stabile ma in atmosfera viene velocemente rimossa sia per reazione con ammoniaca (con formazione di particelle di nitrato d'ammonio, che causano diminuzione della visibilità) che per deposizione diretta sulle superfici e adsorbimento sulle gocce d'acqua.
L'ACIDO NITROSO
L'acido nitroso (HNO3) ha origine principalmente dalla reazione tra biossido d'azoto e acqua, che ha carattere eterogeneo (avviene sulle superfici).
Gli effetti sulla salute dell'acido nitroso sono attualmente poco noti; sembra accertato che l'acido nitroso sia uno dei precursori delle nitrosoammine cancerogene ed abbia effetti mutagenici.L'acido nitroso è un composto chiave per il realizzarsi di fenomeni di smog fotochimico, in quanto la sua rapida fotolisi costituisce la principale sorgente di radicali ossidrile (OH) in periodi nei quali la fotolisi delle altre specie che danno luogo a radicali OH (ozono e formaldeide) è ancora scarsamente efficace per la ridotta intensità della radiazione solare (prime ore del mattino, periodi invernali).
La concentrazione atmosferica dell'acido nitroso varia da poche unità a 10-20 ppb.
La Formaldeide
La formaldeide (CH2O) è un composto organico volatile derivante dall'ossidazione degli idrocarburi. Nelle aree urbane, ed in particolare nelle aree mediterranee, dove l'attività ossidativa dell'atmosfera è intensa, concentrazioni elevate di formaldeide sono essenzialmente da attribuire a processi fotochimici.
In presenza di radiazione U.V. la formaldeide si dissocia dando luogo a radicali OH, che innescano la catena fotochimica.
Insieme all'ozono e all'acido nitroso la formaldeide è quindi un precursore dello smog fotochimico, oltre ad essere un prodotto di tali processi.
GLI IDROCARBURI POLICLICI AROMATICI (IPA)
Gli IPA (Idrocarburi policiclici aromatici) sono composti organici costituiti da più anelli benzenici che si formano dalla combustione incompleta del carbone, olio, legno ed altri materiali organici soprattutto da fonti fisse
Nell'atmosfera sono stati identificati più di cento specie di IPA a partire dal naftalene presente in fase gassosa fino a composti con sette o più anelli, presenti adsorbiti sul particolato. Essi si formano dagli idrocarburi a catena piccola attraverso un processo chiamato pirosintesi.
In presenza di luce solare gli IPA possono produrre composti a volte più tossici di quelli originali come succede per i nitro-IPA, formatasi dalla reazione con acido nitrico oppure per gli IPA ossidati derivanti dalla reazione con l'ozono.
IL PARTICOLATO
Per particolato atmosferico si intende l'insieme di particelle atmosferiche solide e liquide con diametro compreso fra 0,1 e 100 micron. Le particelle più grandi generalmente raggiungono il suolo in tempi piuttosto brevi e causano fenomeni di inquinamento su scala molto ristretta.
L'esperienza comune insegna che ciò che va in alto deve poi ricadere e ciò vale certamente anche per le particelle solide o liquide sospese nell'aria. Tuttavia l'aria esercita un effetto ritardante con una forza verso l'alto che è proporzionale alla velocità di caduta ed al raggio delle particelle. Inoltre il tempo di permanenza nell'aria dipenderà dalla natura dei venti e dalle precipitazioni. Le particelle più piccole possono rimanere nell'aria per molto tempo; alla fine gli urti casuali e la reciproca attrazione fanno ingrossare le stesse al punto da far loro raggiungere una velocità di caduta sufficiente a farle depositare al suolo. Oltre a questo meccanismo di deposizione a secco l'eliminazione dall'atmosfera avviene anche per effetto della pioggia.
Il particolato si origina generalmente sia da fonti antropiche che da fonti naturali.
Sia quelle antropiche che quelle naturali possono dar luogo a particolato primario (emesso direttamente nell'atmosfera) o secondario (formatasi in atmosfera attraverso reazioni chimiche) come viene riassunto in tabella 2 per il particolato fine ed in tabella 3 per quello grossolano.
Tabella 2 - Sorgenti di Particolato Fine
Sorgenti antropiche
Primario |
Secondario |
---|
Uso di combustibili fossili |
Ossidazione di SO2 |
Emissioni di autoveicoli |
Ossidazione di NOx |
Polveri volatili |
N2O3 |
Usura di pneumatici e freni |
Ossidazione di idrocarburi emessi dagli autoveicoli |
Sorgenti naturali
Primario |
Secondario |
---|
Spray marino |
Ossidazione di SO2 e H2S emessi da incendi e vulcani |
Erosione di rocce |
Ossidazione di NOx prodotto da suolo e luce |
Incendi boschivi |
Emissione di NH3 da animali selvatici |
-- |
Ossidazione di idrocarburi emessi dalla vegetazione (terpeni) |
Tabella 3 - Sorgenti di Particolato Grossolano
Sorgenti antropiche
Primario |
Secondario |
---|
Polveri volatili da agricoltura |
-- |
Spargimento di sale |
-- |
Usura asfalto |
-- |
Sorgenti naturali
Primario |
Secondario |
---|
Erosione rocce |
-- |
Spray marino |
-- |
Frammenti di piante ed insetti |
-- |
Come si vede dalla tabella 3 il particolato grossolano è tutto primario.
Esistono vari modi per classificare il particolato atmosferico e tra questi i più usati sono basati su:
- Distribuzione dimensionale
- Taglio
- Dosimetria
Per caratterizzare la distribuzione dimensionale delle particelle si distinguono tre modi diversi (distribuzione trimodale): il modo più piccolo corrisponde alle particelle inferiori a 0,1 micron (modo di nucleazione) derivanti da combustioni e trasformazioni gas-particella, il modo centrale comprende particelle da 0,1 a 1 micron (modo di accumulazione) derivanti dalla coagulazione di particelle più piccole infine il modo più grande contiene le particelle con diametro aerodinamico compreso fra 2 e 100 micron (modo grossolano).
Una caratterizzazione meno rigorosa identifica la frazione fine (diametro compreso fra 1 e 3 micron) da quella grossolana.
La classificazione rispetto al taglio si basa sui sistemi di prelievo intendendo per PMx la frazione di particelle prelevata mediante un sistema di separazione inerziale la cui efficienza di campionamento, per la particelle con diametro minore di x micron, è uguale al 50 %. In tal modo si considera il PM2,5 come frazione fine e l'intervallo PM10 - PM2,5 alla frazione grossolana.
La classificazione dosimetria si basa sulla capacità, da parte delle particelle, di penetrare nell'apparato respiratorio e suddivide il materiale particolato in frazione inalabile (entra nelle vie respiratorie), frazione toracica (raggiunge i polmoni), frazione respirabile (raggiunge gli alveoli). In tale classificazione la frazione toracica corrisponde al PM10.
Le particelle possono essere identificate da una distribuzione trimodale con un minimo compreso fra 1 e 3 micron. La frazione più grande è detta "grossolana" mentre quella più piccola viene chiamata "fine". La frazione fine deriva principalmente da processi di combustione (primario) e da prodotti di reazione dei gas (secondario) mentre quella grossolana prende origine generalmente da processi meccanici.
La composizione del particolato dipende dalla tipologia dello stesso e quindi dall'area e dalla tipologia della sorgente di emissione come si può vedere nella figura 1.

Figura 1 - Composizione del Materiale Particolato
Nei tre grafici seguenti viene evidenziata la composizione percentuale del particolato di origine urbana, naturale e rurale. L'origine urbana riguarda prevalentemente le aree marine remote.

Figura 2 - Materiale particolato di origine urbana

Figura 3 - Materiale particolato di origine naturale

Figura 4 - Materiale particolato di origine rurale
Il particolato atmosferico può diffondere la luce del Sole assorbendola e riemettendola in tutte le direzioni; il risultato è che una quantità minore di luce raggiunge la superficie della Terra. Questo fenomeno può determinare effetti locali (temporanea diminuzione della visibilità) e globali (possibili influenze sul clima).
Inoltre la presenza di particolato favorisce la formazione delle nebbie, perché le particelle forniscono alle microscopiche goccioline che formano la nebbia nuclei intorno cui condensarsi.
Il particolato provoca danni ai materiali, come la corrosione dei metalli, danneggiamento ai circuiti elettrici ed elettronici, sia per azione chimica che meccanica, insudiciamento di edifici e opere d'arte, ridotta durata dei tessuti.
La polvere (per esempio quella dei cementifici) può provocare sulle piante delle incrostazioni che interferiscono con il processo di fotosintesi, in quanto intercettano la radiazione solare.
Esse possono provocare aggravamenti di malattie asmatiche, aumento di tosse e persino convulsioni, oltre agli effetti tossici diretti sui bronchi e sugli alveoli polmonari.