Le informazioni e le conoscenze sulla distribuzione del radon indoor in Italia derivano essenzialmente dalla base informativa acquisita negli anni attraverso le indagini di misura della concentrazione di radon in aria effettuate a livello nazionale, regionale o locale.
Nell’ambito della prima indagine nazionale degli anni 1989-98, coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e dall’allora Direzione sicurezza nucleare e protezione sanitaria dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), funzioni successivamente trasferite all’ Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e oggi attribuite all’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (ISIN), e svolta in collaborazione con gli Assessorati alla Sanità delle Regioni e Province autonome e i Centri di Riferimento Regionali per il controllo della Radioattività Ambientale (CRR), istituiti con la Circolare n. 2 del 1987 del Ministero della Salute (MS), ora confluiti nelle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente (ARPA/APPA), si è stimato che il valore della concentrazione media nazionale di radon è pari a circa 70 Bq/m3.
Durante questa campagna venne effettuata una misura di concentrazione media annua di radon su circa 5000 abitazioni sparse su tutto il territorio italiano. Circa il 4,2% delle abitazioni sottoposte a misura presentavano valori di concentrazione media annua di radon superiori ai 200 Bq/m3 e lo 0,9% valori superiori ai 400 Bq/m3 . Inoltre, nelle aree di origine vulcanica, fu riscontrata un’influenza dei materiali da costruzione sulla concentrazione di radon indoor.
Le concentrazioni medie delle Regioni e Province autonome hanno mostrato valori che variano da circa 30 Bq/m3 (Calabria, Marche, Basilicata) fino a concentrazioni di 100 Bq/m3 e oltre (Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia).
Piano Nazionale del 2002
In Italia, nel 2002, il Ministero della Salute (MS) aveva predisposto, in collaborazione con diversi esperti provenienti da enti nazionali e regionali, un primo Piano Nazionale Radon (PNR), tuttora disponibile on line sul portale web del Ministero. A differenza del PNAR, quello del 2002 non discendeva da obblighi normativi specifici, ma prevedeva comunque una serie di azioni centrali e regionali, e ne stimava i costi di attuazione per i successivi sei anni di applicazione in circa 12,5 milioni di euro complessivi, di cui circa 7,65 da destinarsi alle Regioni e Province autonome, e 4,85 a strutture nazionali (enti centrali). Al fine di dare avvio alle azioni centrali, nel 2005 il MS, tramite il Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM), affidava all’ISS un primo progetto CCM triennale: “Avvio del Piano Nazionale Radon per la riduzione del rischio di tumore polmonare in Italia”. Al sottocomitato tecnico-scientifico del progetto venivano chiamati a partecipare, oltre ai referenti ministeriali, rappresentanti del Dipartimento sicurezza nucleare e radioprotezione dell’ISPRA (poi divenuto ISIN), dell’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza sul Lavoro (ISPESL, poi confluito in INAIL), delle Regioni e Province autonome (Assessorati alla sanità e, in qualche caso, Assessorati all’ambiente) e delle ARPA/APPA.
Successivamente, nel 2012, al fine di proseguire nello sviluppo delle azioni centrali di coordinamento, il Ministero affidava ancora all’ISS un secondo progetto CCM biennale: “Piano Nazionale Radon per la riduzione del rischio di tumore polmonare in Italia: seconda fase di attuazione”. Non era più prevista dalle regole CCM l’istituzione di un sottocomitato tecnico scientifico, ma l’ISS assicurava il coinvolgimento e la collaborazione dei rappresentanti degli enti sopra citati.
Nel 2014 il MS affidava all’INAIL, in collaborazione con quattro Regioni e con l’ISS, il progetto CCM biennale: “Applicazione di una procedura di valutazione degli interventi di prevenzione primaria del cancro polmonare derivante da esposizione al radon indoor”.
Infine, nel 2015, a valle della pubblicazione della direttiva 2013/59/Euratom, questa volta con finanziamento diretto della Direzione generale della prevenzione sanitaria, veniva affidato dal MS all’ISS un terzo progetto di durata annuale: “Piano Nazionale Radon per la riduzione del rischio di tumore al polmone: proseguimento delle attività in corso ed elaborazione, insieme al Gruppo di Coordinamento Nazionale Radon (GCNR), di proposte per il nuovo Piano Nazionale Radon previsto dalla direttiva 2013/59/Euratom”, con la novità dell’istituzione del GCNR quale organismo collegiale di coordinamento, a cui erano stati chiamati a partecipare esperti degli enti sopra citati e due esperti per ogni Regione e Provincia autonoma.
Nell’ambito di detti progetti sono stati prodotti numerosi documenti tecnici e rapporti di attività, è stato realizzato il sito tematico sul portale ISS “Il radon e il Piano Nazionale Radon” (al momento non attivo), e sono stati organizzati diversi convegni e corsi di formazione e aggiornamento, indirizzati principalmente al personale del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e delle ARPA/APPA. A margine, l’ISS ha inoltre pianificato, coordinato e condotto, in collaborazione con Telecom-Italia, una seconda indagine nazionale, che ha coinvolto più di 5500 abitazioni di lavoratori Telecom, distribuite in tutte le Province e in più di 1800 Comuni.
In conclusione, l’insieme di questi progetti ha permesso di ottenere un coordinamento delle attività delle Regioni e Province autonome parziale, ma già sufficientemente avanzato, e di poter focalizzare, sviluppare e condividere, per la situazione del momento, conoscenze su diverse tematiche tecniche specifiche, quali, ad esempio, i requisiti per le indagini territoriali nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro, le azioni di risanamento e prevenzione, la validazione di indicatori di risultato attendibili e l’informazione al pubblico.
Stima dell’impatto sanitario in Italia
L’esposizione al radon è percepita molto meno come un problema rispetto ad altri fattori di rischio quali ad esempio l’esposizione ai campi elettromagnetici ed è per questo largamente sottovalutata. Applicando i risultati di studi epidemiologici europei, è stato stimato che in Italia il 10% circa dei casi di tumore al polmone, cioè circa 3300 casi annui su un totale di oltre 30000, sono attribuibili al radon, la maggior parte dei quali si ritiene che avvenga tra fumatori ed ex-fumatori a causa dell’effetto sinergico tra radon e fumo di sigaretta. Questa percentuale varia da Regione a Regione a causa delle differenti concentrazioni di radon, e tiene conto in molti casi delle misure di concentrazione di radon risalenti alla prima indagine nazionale degli anni 89-98.