Il radon è un gas nobile e per questo non è reattivo dal punto di vista chimico, per cui la maggior parte del radon inalato durante la fase di respirazione viene espulsa nella fase di espirazione. I suoi prodotti di decadimento, invece, sono chimicamente ed elettricamente reattivi. In parte rimangono liberi nell’aria e in parte si attaccano al particolato atmosferico (vapore acqueo, polveri sospese e fumo di sigaretta) e possono essere inalati.
Il radon, decadendo, si trasforma prima in polonio (Po), poi in piombo (Pb) e bismuto (Bi), atomi a loro volta radioattivi, ma non più gassosi bensì solidi che si mescolano al pulviscolo e vengono inalati con la respirazione. Durante la respirazione, i prodotti di decadimento del radon si possono depositare sulle cellule dell’epitelio bronchiale e le particelle alfa, emesse da questi ultimi, possono provocare danni al DNA, che se non vengono riparati dai meccanismi propri della cellula possono evolvere, dando vita a processi di cancerogenesi.
Maggiore è la quantità di radon, maggiore è la quantità dei suoi prodotti di decadimento e maggiore è la probabilità che qualche danno non venga riparato. È importante ricordare che non esiste un livello di concentrazione di esposizione al radon al di sotto del quale non sono presenti rischi di insorgenza di tumore al polmone.
Il radon si trova nel terreno e nelle rocce, sia pur in quantità molto diverse, in relazione alle caratteristiche geologiche del terreno quali la concentrazione degli elementi precursori, la permeabilità, la presenza di fratture/faglie, l’umidità e l’orientamento dei pendii.