Roma li, 16 febbraio 2017
AUDIZIONE in Commissione Senato
Signor Presidente,
Onorevoli Senatori,
accolgo con piacere l’invito che mi è stato rivolto a relazionare dinanzi questa Commissione. Credo, infatti, che le problematiche inerenti le politiche sul clima e l’energia rappresentino un impegno prioritario del Governo in ambito europeo, non solo sotto il profilo ambientale ma anche sociale, civile e democratico.
Per favorire la crescita del nostro Paese in maniera sostenibile l’obiettivo principale sarà dare seguito alle decisioni adottate dalla Conferenza di Marrakech (COP22) a valle dell’intesa di Parigi del 2015, promuovere l’economia circolare e l’uso efficiente delle risorse, nonché elaborare e attuare le politiche necessarie per raggiungere gli obiettivi delineati dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
Cercherò, dunque, in questa sede di delineare, un quadro del programma delle priorità dell’Unione Europea e dell’Italia per il 2017, tenuto conto che parliamo di un progetto complessivo di sviluppo del paese che non riguarda ovviamente solo il Ministero dell’Ambiente ma coinvolge, com’è giusto che sia, anche altre amministrazioni e le scelte di fondo del Governo.
LE POLITICHE SUL CLIMA-ENERGIA
Cominciamo con un quadro a livello europeo.
Con la approvazione dell’Accordo di Parigi abbiamo posto le basi per rendere universale e irreversibile la transizione verso un mondo capace di politiche attive per limitare il surriscaldamento globale e, di conseguenza, tendente alla de-carbonizzazione del sistema produttivo e dell’energia per usi civili e trasporti.
Tra gli obiettivi più importanti regolati dall’Accordo, occorre ricordare la fissazione del target di lungo termine di contenere il riscaldamento entro 2°C rispetto ai livelli pre-industriali, con l’impegno ad operare attivamente per un ulteriore abbassamento della soglia a 1,5°C.
Al fine di avviare la decarbonizzazione delle economie, l’Accordo di Parigi punta al raggiungimento in tempi brevi del picco delle emissioni e quindi subito dopo all’avvio di rapide riduzioni, in modo da raggiungere un equilibrio tra emissioni e assorbimenti entro la seconda parte del secolo. A tal proposito, l’Accordo prevede che i Paesi industrializzati forniscano supporto finanziario e tecnologico per assistere i Paesi più poveri nelle azioni di mitigazione e adattamento.
Nel percorso per rendere operativo l’Accordo di Parigi, la Conferenza di Marrakech ha rappresentato una tappa importante. A Marrakech è stata focalizzata l’attenzione sulle esigenze dei Paesi in via di sviluppo in materia di capacity building al fine di facilitare l’accesso ai finanziamenti internazionali per dare seguito ad azioni e priorità introdotte nei rispettivi piani nazionali sul clima e si è discusso su vari aspetti.
In materia di riduzione delle emissioni, il 20 luglio scorso la Commissione europea ha presentato il regolamento per i settori non regolati dal sistema ETS (e cioè agricoltura, trasporti, usi civili) e quello per l’inclusione delle emissioni e degli assorbimenti di gas a effetto serra risultanti dall’uso del suolo, dal cambiamento di uso del suolo e dalla silvicoltura. L’obiettivo di tali regolamenti è quello di approdare ad una decisione che assicuri il raggiungimento del target di riduzione europeo del meno trenta percento di emissioni, attraverso una ripartizione che, nel rispetto dell’integrità ambientale, garantisca la massima equità nello sforzo richiesto ai vari stati membri e le adeguate flessibilità tra i settori coinvolti.
La Commissione ha presentato anche la comunicazione sulla strategia europea per una mobilità a basse emissioni. Tra le azioni previste durante il 2017 è in programma la presentazione delle proposte di revisione dei regolamenti europei (n. 443/2009 e n. 510/2011) che stabiliscono i livelli di emissioni di CO2 per autovetture e furgoni, e le proposte sulla procedura di certificazione, monitoraggio e rendicontazione delle emissioni di CO2 generate dai veicoli pesanti (autocarri e autobus). Inoltre, la comunicazione annuncia l’intenzione di presentare una proposta per stabilire gli standard di efficienza del carburante per i veicoli pesanti.
In questa prospettiva, si segnala inoltre che lo scorso 30 novembre è stato presentato dalla Commissione Europea il pacchetto legislativo “Energia pulita per tutti gli europei” (il cosiddetto winter package) che include proposte di direttive che interessano a 360° il comparto energetico ambientale: oltre all’efficienza energetica e alle energie rinnovabili sono affrontati infatti l’assetto del mercato elettrico, la sicurezza degli approvvigionamenti, le regole di governance per l’Unione dell’Energia.
Le proposte, contribuiscono a tracciare le traiettorie che le future politiche energetiche dovranno seguire per il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi del pacchetto clima-energia.
In tale quadro è richiesto uno sforzo strategico-programmatico al quale far seguire un rafforzamento delle misure per l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili.
Occorre ricordare, inoltre, che nel giugno dello scorso anno, insieme agli altri Ministri dell’Ambiente europei, abbiamo adottato delle conclusioni sul Piano d’Azione per l’Economia Circolare, per stabilire ed attuare misure condivise sull’intero ciclo di vita del prodotto, dalla progettazione alla gestione circolare dei materiali e dei residui. Tra i principali argomenti affrontati, ricordo fra gli altri le politiche in materia di prodotti ed efficienza delle risorse ed il sostegno all’innovazione e alle imprese.
Veniamo adesso alle misure in cantiere e alle quesioni aperte a livello nazionale.
Sul piano della programmazione i prossimi passi sono la revisione della Strategia Energetica Nazionale (SEN) e la predisposizione del Piano nazionale per l’energia e il clima 2021-2030 richiesto nell’ambito dell’Unione dell’Energia.
In questa sede mi limito a ricordare che nella SEN varata nel 2013, veniva riconosciuto all’efficienza energetica un ruolo assolutamente centrale (è la prima delle sette priorità individuate nel documento).
Su questo fronte si sta avviando una intensa collaborazione tra le Amministrazioni competenti, a partire dal mio Ministero e dal Ministero dello sviluppo economico.
Sul piano delle misure messe in campo vorrei fare il punto su quanto fatto recentemente.
Di concerto con il Ministero dello sviluppo economico sono stati stabiliti nuovi requisiti minimi da rispettare per la prestazione energetica degli edifici di nuova costruzione. A partire dal 2021, nel settore privato, si potranno costruire solo immobili a “energia quasi zero”. Per gli edifici pubblici tale vincolo sarà in vigore già a partire dal 1° gennaio 2019.
In ottemperanza a quanto previsto dalla direttiva europea 2012/27 sull’efficienza energetica, è stato emanato di concerto con il Ministero dello sviluppo economico il decreto che definisce le modalità attuative del Programma di riqualificazione energetica della Pubblica Amministrazione centrale (PREPAC).
Da qui al 2020 dovrà essere ristrutturato almeno il 3%, per ogni anno, della superficie coperta utile degli edifici di proprietà della pubblica amministrazione centrale e da essa occupati. La superficie soggetta a obbligo di ristrutturazione è pari a circa 14 milioni di mq cui corrisponde un obiettivo di circa 2,5 milioni di mq da riqualificare entro il 2020. Sinora i progetti finanziabili ammontano a circa 70 milioni di euro, di cui 24 stanziati direttamente dal Ministero dell’ambiente.
È stato rivisto il Conto Termico, meccanismo introdotto alla fine del 2012 che incentiva l’efficienza energetica negli edifici pubblici anche degli enti locali, prevedendo una spesa massima annuale di 200 milioni di euro/annui.
Nel febbraio del 2016, al fine di rendere lo strumento più efficiente, sono state introdotte alcune semplificazioni delle procedure di accesso ed erogazione dei finanziamenti, un ampliamento degli interventi ammessi, una rimodulazione degli incentivi riconosciuti.
È stato riattivato il Fondo Rotativo di Kyoto per l’erogazione di finanziamenti a tasso agevolato per la riqualificazione energetica degli edifici scolastici e delle università.
Ad oggi sono stati ammessi a finanziamento circa 190 istanze di finanziamento per un importo complessivo di risorse pari a 100 milioni di euro. Il bando è attivo e resterà aperto fino al 30 giugno 2017.
A questi strumenti per il comparto pubblico, si è aggiunta l’estensione e il potenziamento delle detrazioni fiscali per chi migliora l’efficienza energetica degli edifici privati (Legge di Bilancio 2017).
Infine, si segnala il meccanismo dei certificati bianchi che in prospettiva avrà un impatto significativo sui risparmi energetici del comparto industriale.
Sul fronte delle rinnovabili, fermo restando che oggi copriamo una quota di consumi finali superiore al 17% (in linea con l’obbiettivo da centrare al 2020), deve essere gestito un passaggio complesso.
Infatti, in tale settore è in atto un cambiamento “economico-culturale” nel quale le rinnovabili dismettono i panni di “beneficiari di supporto pubblico” ed entrano a pieno titolo nel mercato, in competizione tra loro e con le altre modalità di produzione dell’energia.
Il punto è come gestire il cambiamento in atto centrando gli obiettivi ambientali di medio-lungo periodo e difendendo un settore prezioso, con un elevato potenziale produttivo e occupazionale. In tale direzione è stato varato il Decreto del 23 giugno 2016 che, seppure per un periodo di tempo limitato, ha accompagnato il settore delle rinnovabili garantendo una incentivazione diretta alle fonti diverse dal fotovoltaico.
In prospettiva, devono essere “disegnati” strumenti coerenti con i vincoli imposti dalla normativa sugli Aiuti di Stato e definire strategie precise in settori-chiave: dalle regole dell’autoconsumo, all’evoluzione verso tecnologie più avanzate e suscettibili di un utilizzo più efficiente (ad esempio, la trasformazione del biogas in biometano, utilizzato anche nei trasporti).
Oltre alla leva degli incentivi diretti alla produzione di energia da fonti rinnovabili, il piano 2015-17 per la ricerca di sistema elettrico destina circa 100 milioni alla ricerca e all’innovazione su temi direttamente connessi alle rinnovabili (compresi le esigenze delle reti elettriche), che si aggiungono alle risorse private, a quelle residue dai programmi finanziati o cofinanziati dall’Europa.
Non vi è dubbio, comunque, che l’innovazione costituisca uno dei motori per la decarbonizzazione dell’economia. A questo ultimo proposito, bisognerà stimolare l’allineamento della ricerca italiana, pubblica e privata, agli obiettivi in materia di energia e clima, che per la ricerca sono ora delineati dal Programma Horizon 2020. Il Governo ha aggiunto ai citati strumenti il credito d’imposta alla ricerca.
Per quanto riguarda l’ammodernamento delle reti dell’eolico e del fotovoltaico, l’attuale legislazione prevede che il Piano di sviluppo della rete di trasmissione nazionale individui gli interventi di potenziamento che risultano necessari per assicurare l’immissione e il ritiro integrale dell’energia prodotta dagli impianti a fonte rinnovabile già in esercizio, anche con l’utilizzo di sistemi di accumulo. Analoghi interventi sono sostenuti anche sulla rete di distribuzione, mentre è stata completata la regolazione che consente l’installazione di sistemi di accumulo presso i piccoli produttori da fotovoltaico. Non vi è dubbio che tutti questi interventi debbano essere eseguiti nel pieno rispetto delle regole ambientali e del paesaggio, assicurato dalle procedure di valutazione di impatto ambientale.
Inoltre, per il fotovoltaico, considerato il calo sensibile dei costi si sono ritenuti non più necessari gli incentivi in conto energia, ma il settore continua ad essere sostenuto con le detrazioni fiscali (per i piccoli impianti asserviti agli edifici), nonché con agevolazioni sull’energia auto consumata.
Peraltro, proprio per il fotovoltaico sono state introdotte significative semplificazioni per la realizzazione, in certe condizioni, di piccoli impianti, che ne consentono la costruzione con una comunicazione telematica al distributore. Il meccanismo si sta rivelando efficace e potrebbe essere esteso ad altre tipologie impiantistiche.
Riguardo alle biomasse, occorre in primo luogo evidenziare che la definizione di biomassa è stabilita a livello europeo e che in Italia la sua disciplina è conforme alla definizione europea.
Altro tema è invece quali siano le biomasse da incentivare. In proposito il nostro Paese ha intrapreso un percorso virtuoso, teso a incentivare le sole biomasse che rispettino il principio di cascata (vale a dire la gerarchia d’uso: prima alimentare, poi industriale, poi energetica). Questo percorso, apprezzato e introdotto anche in Europa, fa sì che i nuovi impianti siano incentivati solo se utilizzano sottoprodotti, scarti e rifiuti biodegradabili, nonché prodotti da coltivazioni non alimentari. Resta naturalmente l’uso, talora non ottimale, in impianti esistenti, in passato ammessi agli incentivi anche qualora utilizzino biomassa vergine. Per gli impianti in questione, il diritto agli incentivi è stato oggetto di proroga (2020).
Relativamente al decreto di aggiornamento dei valori limite degli impianti industriali a biomassa è stato inserito nell’ambito del recepimento della direttiva 2015/2193 sui medi impianti di combustione. Punto centrale dello schema di decreto sarà la previsione di appositi valori limite di emissione per gli impianti a biomassa, che nelle zone del territorio nazionale dove la qualità dell’aria è più critica, potranno anche essere più severi di quelli stabiliti dalla direttiva.
Si deve, peraltro, segnalare che la costituzione di una bio-economia in Europa è stata considerata un’area con un grosso potenziale per la creazione e il mantenimento di crescita economica e occupazione nelle zone rurali, costiere e industriali; per la riduzione della nostra dipendenza dai carburanti fossili; e per il miglioramento della sostenibilità economica e ambientale della produzione primaria e delle industrie della trasformazione.
La bio-economia, così come definita nella strategia europea, comprende la produzione di risorse biologiche rinnovabili, ovverosia le biomasse in senso lato, e la conversione di queste risorse e dei flussi di rifiuti in prodotti dal valore aggiunto, quali alimenti, mangimi, bioprodotti e bioenergia.
Da uno studio condotto nell’ambito del “Progetto biomasse ENAMA” del 2011, finanziato dal Ministero delle politiche agricole e forestali, emerge che a livello nazionale la sola produzione di biomasse residuali (residui delle coltivazioni erbacee e arboree, utilizzazioni forestali, effluenti zootecnici dei vari allevamenti, residui dell’industria agroalimentare e dell’industria del legno) si attesta annualmente attorno a 30 milioni di tonnellate (in sostanza secca) Di tali biomasse il quantitativo che si ritiene effettivamente recuperabile è stato calcolato in poco più di 13 milioni di tonnellate annue.
La loro valorizzazione come fonte rinnovabile, oltre ad evitare i notevoli costi e le conseguenze ambientali negative di pratiche non corrette di smaltimento, genererebbe ricadute economiche aggiuntive utili al bilancio di molte aziende oggi in difficoltà.
Nell’uso della biomassa per scopo energetico già con il decreto del MISE, emanato di concerto con questo Ministero il 6 luglio 2012, è stato stabilito “di rilanciare lo sviluppo delle energie rinnovabili con un approccio alla crescita più virtuoso, basato sull'efficienza dei costi e sulla massimizzazione del ritorno economico e ambientale per il Paese”.
Questo ha portato ad un nuovo e diverso regime incentivante che premi gli impianti che utilizzano sottoprodotti agricoli agro-alimentari e forestali, piuttosto che le produzioni agricole primarie.
Inoltre la realizzazione da parte del Ministero delle politiche agricole di uno specifico documento di riferimento come il Piano di Settore per le bioenergie punta a definire obiettivi realistici e raggiungibili verso i quali far convergere le risorse umane ed economiche disponibili, pubbliche e private.
Il Piano intende creare un raccordo fra le numerose attività già avviate, ponendosi come uno strumento strategico per coinvolgere ed orientare le amministrazioni e gli agricoltori verso uno sviluppo sostenibile delle bioenergie.
Un elemento chiave del Piano di Settore è la dimostrazione della coerenza tra produzione di energia da biomasse in un’ottica di filiera e lo sviluppo sostenibile dell’intero comparto agricolo.
In merito al supporto tecnico-scientifico a tutte quelle imprese che si impegnano a partecipare a programmi di innovazione tecnologica per uno sviluppo sostenibile nel settore alimentare il MIPAAF, attraverso la Rete Rurale Nazionale, fornisce assistenza e supporto ai programmi di sviluppo rurale delle Regioni nell’ambito della iniziativa “Partenariato europeo dell’innovazione per la produttività e sostenibilità dell’agricoltura- PEI-AGRI” e gli ambiti specificamente dedicati di Horizon 2020.
Infine il “Piano strategico per l’innovazione e la ricerca nel settore agricolo, alimentare e forestale” approvato descrive la strategia per il periodo 2014-2020 condivisa dal Ministero delle politiche agricole e dalle Regioni per le azioni di innovazione e ricerca nel settore agricolo.
In entrambe queste programmazioni si trovano strumenti per sostenere azioni di ricerca e di innovazione nei temi della sicurezza alimentare, bioeconomia, agricoltura sostenibile, ed altre tematiche con riflessi rilevanti per il settore agricolo fra cui l’azione del clima, l’uso efficiente delle risorse naturali, energia sicura, pulita ed efficiente.
Per quanto riguarda il costo della bolletta energetica ed il problema del differenziale tra Italia e altri Paesi, il Ministero dello sviluppo economico ha segnalato come tale questione dipenda da diverse ragioni. Alcune sono strutturali e attengono al nostro mix di generazione, costituito sostanzialmente da gas e rinnovabili (con una marginale quota delle altre fonti fossili), una peculiarità nel sistema europeo tuttavia suscettibile di trasformarsi in un vantaggio nella prospettiva di decarbonizzazione del settore intrapresa dall’Europa. Per il resto, incidono, come noto, gli oneri generali di sostegno, giunti a circa 16 miliardi di euro l’anno, di cui gran parte devoluti al sostegno delle fonti rinnovabili.
Riguardo al primo tema, si tratta di agire sul prezzo della materia prima gas, peraltro già abbastanza allineato (al netto di alcuni maggiori oneri di trasporto) con i valori europei. Riguardo agli oneri, alcuni interventi sono stati effettuati nel 2015 e hanno portato a una riduzione degli oneri per le piccole e medie imprese.
Per il futuro, il Governo sta operando affinché, dal 2018, le modalità di raccolta degli oneri e di concessione delle agevolazioni siano conformi alle regole europee e di misura tale da migliorare la capacità concorrenziale delle imprese, soprattutto quelle con elevata incidenza di energia elettrica.
Il primo passo è stato compiuto con la riforma delle modalità di allocazione degli oneri di sistema, introdotta dall’ultimo decreto mille proroghe, e nei prossimi mesi sarà completata dalle norme necessarie a definire le agevolazioni.
Si deve, peraltro, sottolineare che, per quanto riguarda la fiscalità sui prodotti energetici, il recentissimo rapporto sul “Riesame dell’attuazione delle politiche ambientali dell’UE - Relazione per l’Italia”, segnala l’opportunità di spostare la fiscalità dalla manodopera “ad imposte meno penalizzanti per la crescita”.
Al riguardo, si fa presente che la spesa per l’incentivazione delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica è pari a oltre 13 miliardi di euro l’anno.
Con riferimento, ancora, al tema delle rinnovabili, ed in particolare al settore della ricerca, si fa presente che con il “collegato ambientale” si è restituita all’ENEA una più chiara missione. L’attenzione e la fiducia che il Governo ripone in questo organismo sono attestati dall’ampio coinvolgimento nelle principali politiche energetiche: efficienza, rinnovabili e anche aggiornamento della strategia energetica nazionale. In questo ambito, oltre al contributo ordinario, vengono assicurate risorse nell’ambito della ricerca del sistema elettrico e per l’attuazione di specifici programmi.
Per quanto concerne le questioni relative alla Società TAP - Trans Adriatic Pipeline - AG Italia, si ricorda che il 15 marzo 2012 tale società ha presentato al Ministero dell’ambiente una domanda di pronuncia di compatibilità ambientale relativa al progetto del tratto italiano del gasdotto marino e terrestre denominato “Trans Adriatic Pipeline” ed opere connesse. Tale progetto è finalizzato al trasporto di gas naturale dalla regione del Mar Caspio all’Europa Occidentale e Sud-orientale, attraverso il cosiddetto “Corridoio Meridionale del Gas. Il gasdotto, con origine in Grecia (a Komotini, vicino ai confine con la Turchia), attraversa l’Albania ed il Mare Adriatico per approdare in Italia meridionale sulla costa pugliese in prossimità del Comune di Melendugno.
Il procedimento di VIA relativo a tale opera si è concluso con l’emanazione di un decreto positivo di compatibilità ambientale l’11 settembre 2014 poi modificato con un decreto del 16 aprile 2015 e, successivamente, il progetto è stato autorizzato dal Ministero dello Sviluppo Economico.
Il decreto di VIA pur positivo è condizionato al rispetto di un complesso ed articolato quadro prescrittivo. Alla verifica di ottemperanza delle prescrizioni sono preposti il Ministero dell’ambiente, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ma soprattutto Enti territoriali e tecnici quali la Regione Puglia, l’ARPA, l’ISPRA e l’Autorità di Bacino. Tali diverse Amministrazioni stanno svolgendo, ciascuna per la parte di competenza, le loro istruttorie tecniche in particolare per quelle prescrizioni la cui ottemperanza è prevista con riferimento alla fase ante operam e cantiere.
Per quanto concerne, invece, la Società EDISON S.p.a., si segnala che la stessa, il 27 novembre 2006, ha presentato istanza di pronuncia di compatibilità ambientale per il progetto denominato “Metanodotto di interconnessione Grecia-Italia, Progetto Poseidon tratta Italia”.
Tale opera si inseriva nel più ampio progetto di interesse europeo “Interconnessione Turchia–Greca–Italia” rientrante nell’Asse prioritario NG3 del progetto “Trans European Energy Network”.
Il progetto prevede una sezione sottomarina denominata Poseidon tra la Grecia e l’Italia, con approdo a Otranto della lunghezza di 205 km.
Ovviamente il progetto sottoposto a Valutazione d’impatto ambientale è la tratta che va dal confine delle acque di competenza italiane al punto di approdo in Puglia e ha ottenuto decreto favorevole di compatibilità ambientale con prescrizioni il 2 agosto 2010.
Il progetto ha ottenuto l’autorizzazione alla realizzazione dal Ministero dello sviluppo economico ma non risulta che sia stato dato avvio ai lavori.
Con riferimento alle questioni poste sull’ILVA, si fa presente che, ad oggi, nessun progetto o piano industriale concernente la “decarbonizzazione” dell’ILVA è stato presentato al Ministero dell’Ambiente.
Sviluppo sostenibile
L’Italia, al pari di altri stati membri, ha avviato un processo inter-istituzionale, partecipato e inclusivo che ha quale obiettivo quello di convergere verso l’Agenda 2030 aggiornando la propria strategia di sviluppo sostenibile.
In tale contesto, con il collegato ambientale è stato previsto l’aggiornamento della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile approvata nel 2002. Tale aggiornamento non può non tener conto della Risoluzione adottata dall’Assemblea Generale dell’ONU sull’ ”Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile”.
L’approccio utilizzato per la definizione del percorso di elaborazione della Strategia si fonda sui principi della condivisione delle visioni e del coinvolgimento dei soggetti che sono parte attiva nello sviluppo sostenibile della società.
Il percorso partecipativo si è focalizzato sulla condivisone di tre contenuti principali:
A) il contesto di riferimento, ovvero la messa a fuoco del “posizionamento” italiano rispetto al quadro di 17 obiettivi e 169 sotto-obiettivi dell’Agenda 2030;
B) l’individuazione, sulla base del contesto di riferimento, di un sistema di punti di forza e di debolezza tali da giustificare gli obiettivi da perseguire;
C) il sistema di obiettivi strategici nazionali definiti anche in relazione a obiettivi e target dell’Agenda 2030, e organizzati intorno alle così dette 5P dell’Agenda 2030 – Persone, Pianeta, Prosperità, Pace e Partnership, formulazione che restituisce appieno tutte le dimensioni della sostenibilità dello sviluppo.
La Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile è la sintesi del lungo processo di partecipazione che ha portato alla produzione di un sistema di documenti condivisi e correlati tra loro, i quali costituiscono le fondamenta della Strategia in termini di contenuti, istanze e idee.
Per facilitare la condivisione delle priorità di intervento della strategia e creare condizioni favorevoli alla sua attuazione, è stata proposta una struttura basata sulla relazione tra obiettivi/valori obiettivo, strumenti di attuazione e indicatori per il monitoraggio, in coerenza con i contenuti e il processo dell’Agenda 2030 a livello internazionale.
Questo complesso processo ha visto la partecipazione, oltre che dei Ministeri interessati, anche della società civile.
La finalizzazione formale della strategia, con la sua approvazione presso il CIPE, sentita la conferenza Stato – Regioni, avverrà presumibilmente entro il mese di marzo.
Il tema della mobilità sostenibile rientra tra gli obiettivi della strategia energetica nazionale che prevede interventi sulle tre variabili che determinano l’inquinamento, ossia quella abitativa, quella industriale e, appunto, quella relativa ai trasporti.
Si ricorda, in particolare, che il 30 dicembre 2015 è stato sottoscritto un Protocollo d’Intesa, che prevede la destinazione di circa 12 milioni di euro, tra il Ministero dell’Ambiente, la Conferenza delle Regioni e Province autonome e l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, per definire ed attuare misure omogenee su scala di bacino per il miglioramento e la tutela della qualità dell’aria e la riduzione di emissioni di gas climalteranti, con interventi prioritari nelle città metropolitane.
Il Protocollo punta al finanziamento di misure dirette ad incentivare il trasporto pubblico locale e la mobilità alternativa al trasporto privato. Nel Protocollo si prevede inoltre un impegno a precisare le attività da finanziare con strumenti di incentivazione esistenti per un importo totale di circa 350 milioni di euro. In tale ambito sono già stati attivati 6 milioni di euro per il finanziamento di interventi di mobilità sostenibile ed efficienza energetica nelle città di Bologna, Roma, Milano e Torino, nonché 35 milioni di euro destinati al programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile casa-scuola e casa-lavoro al fine di finanziare progetti predisposti da uno o più enti locali e riferiti a un ambito territoriale con popolazione superiore a 100.000 abitanti, diretti a incentivare iniziative di mobilità urbana alternative all’automobile privata.
Con particolare riferimento alle questioni poste sul settore dei trasporti, occorre altresì evidenziare che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha agito su due principali variabili che il Parlamento ha approvato su proposta del Governo: la prima è quella di fornire un piano di ristrutturazione e di riqualificazione del parco autobus italiano che consta di circa 55.000 veicoli, di cui almeno 10.000 solo Euro 0 e Euro 1 quindi altamente inquinanti ed ha messo a disposizione per i prossimi 18 anni 4 miliardi e 300 milioni di euro a cui si aggiunge un cofinanziamento delle aziende di trasporto pubblico che potrà portare fino a 7 miliardi. Ciò consentirà di cambiare 2.500 autobus all’anno e quindi provvedere al rinnovo quasi totale del parco autobus italiano.
Il Ministero delle infrastrutture segnala, inoltre, di aver finanziato un nuovo piano di potenziamento del sistema di mezzi metropolitani con 1 miliardo e 300 milioni e di aver finanziato le misure dell’ecobonus e del marebonus che sono misure che mirano a spostare il traffico merci dalla strada al ferro ed all’acqua con un obiettivo di raggiungere il 50% nei prossimi 5 anni (10% all’anno) di spostamento di traffico merci.
Qualche mese fa è stato anche approvato in via definitiva il decreto legislativo sui combustibili alternativi, che rafforza l’impegno principale sul fronte della diversificazione dei combustibili, in particolare sui vettori a basso impatto come l’elettrico e il gas. Il Ministero dello sviluppo economico sta inoltre completando il quadro delle regole per stimolare l’utilizzo del biometano nei trasporti.
Sempre in tema di mobilità sostenibile occorre, altresì, segnalare che la nuova normativa europea punta alla realizzazione di un sistema di controlli, misura, certificazione concernente l’aggiornamento e il rispetto dei requisiti e delle specifiche di conformità tecnica dei mezzi soggetti ad immatricolazione e già circolanti, ai fini della salvaguardia e compatibilità ambientale, della riduzione delle emissioni e dell’inquinamento atmosferico.
Tale normativa punta alla costituzione di una Autorità Europea di controllo che potrebbe essere opportunamente collocata presso una delle strutture del Centro Comune di Ricerca che dispone di sette istituti di ricerca dislocati in cinque paesi membri dell’Unione europea, tra cui l’Italia, con il Centro di Ispra, in provincia di Varese.
In tale prospettiva, la partecipazione italiana al programma dell’Unione Europea per l’anno 2017 potrebbe includere una specifica proposta di impegno alla finalizzazione di tale sensibile cornice normativa e di possibile candidatura del Centro di Ricerca sito nella cittadina di Ispra, in provincia di Varese, dove esiste già una infrastruttura europea in grado di ospitare adeguatamente la sede di tale istituenda Autorità Europea di controllo ambientale dei mezzi di trasporto
Oltretutto, esistono in Italia anche prestigiosi Enti di Ricerca, quali ad esempio l’INRIM (ex Galileo Ferraris) di Torino, specializzato in sistemi e metodiche di misure meccaniche ed elettroniche, lo stesso ISPRA e probabilmente il Centro Euromediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), che in tale eventualità potrebbero inserirsi in un più ampio sistema di collaborazione, eventualmente anche acquisendo specifiche priorità per la ricerca e la competitività.
Per quanto concerne, invece, le questioni poste in materia di rifiuti radioattivi, si fa presente che la direttiva Euratom impone agli Stati dell’Unione di smaltire in via prioritaria i rifiuti radioattivi prodotti nello Stato membro in cui sono stati generati anche al fine di “evitare di imporre oneri indebiti alle future generazioni” in conseguenza di una gestione poco efficiente e sicura dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito. L’Italia deve pertanto provvedere allo “smaltimento” che è inteso come “collocazione di rifiuti radioattivi o di combustibile esaurito, secondo modalità idonee, in un impianto autorizzato senza intenzione di recuperarli successivamente”. Per giungere allo smaltimento dei rifiuti radioattivi è attualmente in corso la procedura, comprendente anche la relativa tempistica, per la localizzazione del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi, interamente disciplinata dall’art. 27 del D.Lgs. 31/2010 (Autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio del parco tecnologico).
Sempre in attuazione di quanto previsto dalla direttiva Euratom, il Ministero dell’ambiente e il Ministero dello sviluppo economico hanno in corso anche la procedura finalizzata alla definizione del Programma Nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, nell’ambito della quale è stata avviata anche la procedura di VAS. Al momento è ancora in corso la preparazione del Rapporto Ambientale necessario per avviare la fase di consultazione pubblica sia del Rapporto Ambientale sia del Programma Nazionale, in modo che nei prossimi mesi i cittadini possano disporre di tutte le informazioni utili a meglio comprendere e valutare le strategie del Governo.
A seguito di tale consultazione pubblica, potrà essere pubblicata la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) alla localizzazione del Deposito Nazionale che è stata già predisposta secondo le disposizioni del citato art. 27.
Il successivo processo partecipativo che avrà inizio dalla pubblicazione della Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) culminerà con il “seminario nazionale”, nel corso del quale verranno approfondite tutte le problematiche e gli aspetti tecnici relativi al Deposito Nazionale. Si giungerà poi all’istruttoria finale di approvazione della Carta Nazionale delle Aree Idonee (CNAI), sulla cui base potranno essere formulate le dichiarazioni di interesse da parte delle amministrazioni regionali interessate ad ospitare il deposito e propedeutiche agli approfondimenti tecnici di dettaglio, della durata di quindici mesi, e all’individuazione del sito definitivo, secondo le dettagliate e tassative procedure definite dalla legge.
Occorre, inoltre, evidenziare che le politiche di sviluppo sostenibile ricomprendono anche le problematiche inerenti la riconversione industriale disciplinate da una serie di misure fra cui la legge del 2012 sulle “Misure urgenti per la crescita del Paese”, che ha riordinato la disciplina in materia di riconversione e riqualificazione produttiva di aree di crisi industriale complessa e il decreto legislativo 152 del 2006 che reca disposizioni in materia di “Siti inquinati nazionali di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale”.
Tali misure prevedono, in particolare, la possibilità di definire una strategia integrata volta a coniugare le iniziative per la bonifica e la riqualificazione ambientale dei Siti di Interesse Nazionale con le azioni per la riconversione industriale e la riqualificazione produttiva delle aree.
Sono stati sottoscritti, in particolare, gli Accordi di Programma concernenti i Siti di bonifica di Interesse Nazionale di Trieste e Piombino, con lo scopo di disciplinare l’attuazione di progetti integrati di messa in sicurezza, riconversione industriale e sviluppo economico produttivo delle rispettive aree, promuovere il riutilizzo di tali aree in condizioni di sicurezza sanitaria e ambientale, e preservare le matrici ambientali non contaminate.
Per quanto concerne le questioni poste in materia di difesa del suolo e la messa in sicurezza del territorio dalle catastrofi idrogeologiche, le stesse rappresentano una tematica centrale dell’azione del Governo ed è stata oggetto, nel corso degli anni, di molteplici interventi normativi finalizzati ad affrontare in modo più incisivo il problema della gestione e del superamento di tali criticità ambientali. Ciò ha portato, sul piano legislativo, ad una serie di interventi normativi che hanno fortemente inciso sulla programmazione e sull’attuazione degli interventi in materia di rischio idrogeologico.
In particolare i Presidenti di Regione sono subentrati alle precedenti gestioni commissariali in materia di mitigazione del rischio idrogeologico con poteri ampliati e rafforzati allo scopo di accelerare e semplificare sia la fase di progettazione che quella di autorizzazione e successiva esecuzione.
Sono state inoltre definite nuove regole per la programmazione degli interventi in materia di mitigazione del rischio idrogeologico, al fine di superare la frammentarietà del passato e garantire una nuova programmazione nazionale.
Nel corso del 2016, il Ministero ha proseguito il suo impegno nella programmazione in materia di dissesto idrogeologico svolgendo una serie di attività quali
la predisposizione del Piano Operativo Ambiente che ha previsto l’utilizzo di 1,9 miliardi di euro di risorse FSC da destinarsi al Ministero dell’Ambiente;
la predisposizione del Piano stralcio aree metropolitane - Sezione programmatica, per una richiesta di finanziamento statale di 648 milioni di euro;
la predisposizione dei Patti per Sud- dissesto idrogeologico che sono parte del piano per il Mezzogiorno. Gli Accordi servono ad individuare risorse, priorità e tempi d’azione per ciascuna delle aree del paese e tra le loro componenti principali recano gli interventi di mitigazione del dissesto idrogeologico per quanto concerne le azioni di carattere strutturale;
la predisposizione del Piano di interventi integrati ambientali – misure win win finalizzato sia alla mitigazione del rischio sia alla tutela ed al recupero degli ecosistemi e delle biodiversità;
Il Decreto Ministeriale sulle Demolizioni immobili abusivi realizzati in aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato.
L'Italia inoltre ha deciso di non svolgere la valutazione preliminare del rischio di alluvioni, avvalendosi delle misure transitorie previste dalla Direttiva Alluvioni, e di procedere, quindi, direttamente all’elaborazione delle mappe di pericolosità e di rischio di alluvioni.
Il Ministero dell’Ambiente è, quindi, fortemente impegnato a gettare e consolidare le basi di una nuova politica di prevenzione in cui diventi sempre più strategico il ruolo della pianificazione, nella consapevolezza che per mitigare il dissesto idrogeologico è comunque indispensabile disporre sia di un quadro conoscitivo puntuale e aggiornato della pericolosità e del rischio alluvionale o di frana, sia di una filiera integrata in cui siano ben definiti i ruoli e le competenze dei diversi attori che fino ad oggi hanno operato nel settore.
Si deve, infine, ricordare che in materia di conservazione della biodiversità, a seguito delle prime risultanze del processo di fitness check ancora in corso, il Governo sarà impegnato a rafforzare la piena applicazione della direttiva “Habitat” e della direttiva “Uccelli”.
Inoltre, il Governo in linea con la revisione intermedia della strategia europea per la biodiversità al 2020, che evidenzia l’importanza di una maggiore attenzione alla conservazione della biodiversità negli ambienti agricoli e nel comparto marino, sarà impegnato a dare attuazione alle indicazioni della revisione di medio termine della strategia nazionale per la biodiversità fino al 2020, sancita con intesa del 26 maggio 2016 dalla conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni.
In relazione alle Direttive Habitat e Uccelli e alla Strategia Europea per la Biodiversità al 2020, inclusa la sua corrispondente Strategia Nazionale, si segnala l’impegno a livello centrale e delle Regioni per la piena attuazione delle Direttive, anche in relazione ai casi di contenzioso comunitario ancora aperti. Un importante contributo alla conservazione della biodiversità verrà anche dalla piena applicazione del Regolamento sulle specie esotiche invasive.
Si ricorda l’impegno a rafforzare l’integrazione del Capitale Naturale nei processi decisionali ed economici, a partire dai risultati del “Primo Rapporto sullo stato del Capitale Naturale in Italia”, in connessione con la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile e con il Piano Strategico per lo Sviluppo del Turismo 2017-2022 che promuove la qualificazione del settore in un’ottica di turismo sostenibile.
Infine, in sede europea è in discussione il Piano d’azione per la più efficace l’applicazione delle Direttive Habitat e Uccelli - 2017-2020, che individua come cardini la conservazione della biodiversità negli ambienti agricoli e nel comparto marino e lo sviluppo di grandi sistemi di infrastrutture verdi, quali contributi alla tutela dei servizi eco-sistemici e del capitale naturale, ma anche culturale, che sono asset strategici per lo sviluppo della green economy; contestualmente il Piano punta all’individuazione di meccanismi per un più efficace utilizzo delle risorse finalizzate alla conservazione della biodiversità sia a valere sui fondi pubblici che sui finanziamenti dal settore privato.
Strategie europee di riduzione delle emissioni 2021-2030
Sul fronte della riduzione delle emissioni, il Governo continua ad essere impegnato a contribuire in maniera costruttiva alla definizione degli atti legislativi per l’applicazione del quadro di riferimento al 2030 per il clima e l’energia.
In tal senso, rispetto alla proposta di modifica del sistema di scambio delle quote di emissione di CO2 (EU ETS), obiettivo prioritario per il 2017 rimane la definizione di nuove regole per la messa all’asta e l’assegnazione delle quote nel quarto periodo di trading. In particolare, il Governo sostiene la necessità di un sistema di scambio delle quote di emissione CO2 EU ETS che sia:
- più robusto e dove le regole di assegnazione gratuita riflettano, per quanto possibile, i valori reali del progresso tecnologico e degli impianti coperti dalla direttiva e si evitino regole che penalizzino gli impianti più efficienti a discapito di quelli che non lo sono;
- più armonizzato nelle regole per la gestione del cosiddetto carbon leakage indiretto (rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio), mirando ad evitare le distorsioni nella competizione tra aziende che producono lo stesso prodotto in stati membri diversi;
- più semplice, con regole più lineari, procedure meno laboriose, semplificazioni amministrative e una maggiore attenzione alla valutazione dei costi-benefici di ogni adempimento.
Il 30 dicembre 2015 è stato, inoltre, sottoscritto un importante Protocollo d’Intesa tra il Ministero dell’Ambiente, la Conferenza delle Regioni e Province autonome e l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani per definire ed attuare misure omogenee su scala di bacino per il miglioramento e la tutela della qualità dell’aria e la riduzione di emissioni di gas climalteranti, con interventi prioritari nelle città metropolitane. In particolare, tale protocollo prevede tra le misure urgenti, da attivare dopo reiterati superamenti delle soglie giornaliere massime consentite delle concentrazioni di PM10 (di regola 7 giorni) le seguenti: abbassamento dei limiti di velocità di 20 km/h nelle aree urbane estese al territorio comunale e alle eventuali arterie autostradali limitrofe, previo accordo con il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti; attivazione di sistemi di incentivo all’utilizzo del trasporto pubblico locale e della mobilità condivisa; riduzione di 2 gradi delle temperature massime di riscaldamento negli edifici pubblici e privati; limitazione dell’utilizzo della biomassa per uso civile dove siano presenti sistemi alternativi di riscaldamento.
Con riferimento invece ad altre eventuali direttive da recepire si segnala che è in corso di predisposizione una richiesta di appositi criteri di delega per il recepimento della direttiva 2016/2284 sulla riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici, recepimento che dovrà essere effettuato entro il giugno 2018.
Come noto inoltre il 19 dicembre 2013 è stato sottoscritto un importante accordo per l’adozione coordinata e congiunta di misure di risanamento della qualità dell’aria nel bacino padano tra i Ministri dell’ambiente, delle infrastrutture e trasporti, dello sviluppo economico, della salute, delle politiche agricole e 8 regioni e province autonome del bacino padano.
L’accordo prevede specifici impegni per le parti sottoscrittici da attuare tramite la predisposizione di misure di carattere normativo e programmatico per il contrasto all’inquinamento atmosferico. In particolare, per i Ministeri è previsto l’impegno a realizzare interventi nei settori individuati tra quelli maggiormente responsabili delle emissioni inquinanti (combustione di biomasse, trasporti merci e passeggeri, riscaldamento civile, industria e produzione di energia, agricoltura), mentre le regioni del Bacino Padano dovranno provvedere all’adozione delle misure mediante una modifica dei propri piani di qualità dell’aria.
Il Ministero dell’ambiente nell’ambito dello svolgimento delle attività dell’accordo ha provveduto a predisporre due decreti. Un primo decreto è relativo alla certificazione dei generatori di calori ad uso domestico (stufe e camini), con il fine di favorire la diffusione di tecnologie sempre più efficienti e pulite. Tale decreto è stato notificato a dicembre 2016 alla Commissione Europea per le valutazioni di competenza (in quanto norma tecnica). Stante i tre mesi di tempo per la formulazione delle osservazioni da parte della Commissione la conclusione dell’iter di adozione è attesa nel periodo tra aprile e giugno prossimi.
Circa le ulteriori previsione dell’accordo si precisa che sono in corso i lavori da parte dei Ministeri per la chiusura delle attività di adozione delle misure individuate (relative alle linee guida su PUMs piani urbani della mobilità, alla velocità autostradale, alle linee guida per le buone pratiche agricole etc).
Sulle problematiche ambientali della zona del Bacino Padano si deve peraltro segnalare che la Commissione Europea ha sempre rigettato l’ipotesi della definizione di area svantaggiata in materia di qualità dell’aria, in quanto tale concetto, non è previsto ai sensi della vigente normativa comunitaria. Ciò detto, proseguirà l’azione nazionale volta a supportare l’azione regionale nella lotta all’inquinamento atmosferico e a breve si provvederà ad ulteriormente rappresentare a Bruxelles l’enorme sforzo messo in campo a livello delle Regioni del Bacino Padano ma anche centrale per ridurre le emissioni e concentrazioni di inquinanti in atmosfera.
In tale ottica un ulteriore rilancio all’azione a tutti i livelli sarà garantito in conseguenza dell’adozione della direttiva UE sulla riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici, la cosiddetta direttiva NEC (National Emission Ceilings). Tale direttiva stabilisce obiettivi di riduzione delle emissioni nazionali per gli inquinanti biossido di zolfo (SO2), ossidi di azoto (NOx), composti organici volatili non metanici (COVNM), ammoniaca (NH3) e polveri PM2,5 da raggiungere entro il 2020 e il 2030 attraverso la predisposizione, l’adozione e l’attuazione di specifici “programmi di controllo”.
Per quanto riguarda le questioni in materia di sostanze chimiche, il Governo, nell’ottica anche di una rapida ratifica della convenzione di Minamata per la riduzione delle emissioni e dei rilasci antropogenici di mercurio e dei suoi composti, si adopererà per definire la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul mercurio, attualmente in discussione, che abrogherà il regolamento ora in vigore. Obbiettivo del Governo è fare in modo che il regolamento garantisca il pieno allineamento del diritto dell’Unione europea alla convenzione.
Attuazione della strategia sull’economia circolare
A livello nazionale, il Governo sta attuando un insieme di azioni volte a promuovere l’economia circolare e l’uso efficiente delle risorse, tramite l’emanazione di alcuni provvedimenti attuativi delle misure del “Collegato Ambientale”. In particolare, tra le altre, il Ministero dell’Ambiente sta finalizzando la revisione della strategia di sviluppo sostenibile e l’adozione di un piano nazionale sul consumo e sulla produzione sostenibili.
In questo senso, è importante evidenziare come la transizione verso un modello di economia circolare rappresenti una questione politica prioritaria nonché un’importante occasione per dare un nuovo impulso alla competitività delle imprese e al miglioramento della sostenibilità dell’uso delle risorse. Le misure previste nel Pacchetto europeo Economia Circolare, unitamente alle azioni che saranno intraprese a livello nazionale, potranno fornire un contributo fondamentale al raggiungimento degli obiettivi più ampi di sviluppo sostenibile. Inoltre nella comunicazione della commissione del 26 gennaio 2017 vi sono chiare indicazioni in merito allo stato di attuazione e alle prospettive future delle azioni proposte nel piano del 2015. A tal proposito il Ministero dell’Ambiente fornirà pieno supporto al processo di elaborazione di criteri per l’integrazione delle politiche sui rifiuti, sui prodotti e sui chimici, in modo tale da stimolare l’eco-compatibilità dei materiali e dei prodotti riciclati e la loro maggiore diffusione sul mercato. Condivide inoltre la necessità di focalizzare gli sforzi dei prossimi mesi sul settore alimentare e su quello della plastica ed è pronto a partecipare attivamente alla piattaforma europea per l’economia circolare che verrà istituita, come da noi richiesto nelle Conclusioni del Consiglio adottate a giugno 2016.
Infine, a livello internazionale, il Ministero dell’Ambiente è fortemente impegnato nella preparazione del G7 Ambiente di giugno a Bologna, dove una sessione specifica sarà dedicata all’uso efficiente delle risorse e l’economia circolare come elementi chiave per una crescita sostenibile a livello globale. In tale contesto, tra i temi specifici che verranno discussi figurano il potenziale di riduzione dei gas effetto serra grazie a modelli di produzione e consumo più sostenibile e circolari e la progettazione ecologica per favorire la durabilità, riparabilità dei prodotti e la riciclabilità. Per incoraggiare l’adozione di misure concrete, il Ministero dell’Ambiente sta lavorando con i partner G7 all’adozione di un piano di lavoro contenente le azioni prioritarie che i Paesi si impegnano a realizzare nei prossimi anni, tra cui un’analisi economica dell’uso efficiente delle risorse e un’analisi dell’impatto sociale delle misure che verranno intraprese, in stretta collaborazione con la futura presidenza canadese.
Relativamente alla gestione circolare dei rifiuti, il Governo continuerà a promuovere e sostenere obiettivi comunitari ambiziosi, lavorando alla formulazione di un quadro regolatorio chiaro e stabile, in cui la dimensione ambientale sia associata a quella economica e sociale. Ulteriore aspetto di primo piano sarà quello di incentivare un maggior raccordo tra la legislazione dei chimici, dei rifiuti e dei prodotti.
Sempre in tema di gestione circolare dei rifiuti, nell’anno 2017 continuerà la discussione iniziata nel 2016 sulla revisione del pacchetto rifiuti, che comprende la modifica di sei direttive concernenti la gestione dei rifiuti, delle discariche e di alcune tipologie specifiche di rifiuti - quali gli imballaggi, i veicoli a fine vita, le pile ed i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. In tale ambito, il Governo, anche il linea con le indicazioni del Parlamento, continuerà a sostenere l’introduzione di una metodologia unica e armonizzata di calcolo delle quantità di rifiuti riciclate; chiarirà definitivamente i concetti chiave di recupero, riciclaggio, recupero di materia, riempimento, cessazione della qualifica di rifiuto e trattamento prima del conferimento in discarica; rafforzerà le politiche di prevenzione; incrementerà il riciclo dei rifiuti rispetto ad altre forme di recupero e smaltimento; supporterà l’aumento degli obiettivi di riciclaggio degli imballaggi.
Infine, promuoverà la fissazione di un obiettivo più ambizioso di riduzione di tutte le operazioni di smaltimento (non solo la discarica, ma anche l’incenerimento senza recupero energetico e le altre operazioni di smaltimento) di tutti i rifiuti prodotti al posto dell’obiettivo di riduzione della sola operazione di discarica per i rifiuti urbani, così come proposto dalla Commissione. Per quanto riguarda, poi, il riciclo dei rifiuti, verrà dato rilievo al contributo dei sistemi a responsabilità estesa del produttore. In tale ottica, il Governo è favorevole a stabilire un set di criteri minimi di trasparenza ed efficienza cui devono attenersi i sistemi che operano sotto il principio della responsabilità estesa dei produttori. Infine il Governo presterà particolare attenzione alla Strategia sull’uso, riuso e riciclo delle plastiche.
A quest’ultimo proposito, si rende noto che il Governo è attualmente impegnato nei lavori allo schema di decreto legislativo concernente “Attuazione della direttiva (UE) 2015/720” sulla riduzione dell’utilizzo di borse di plastica in materiale leggero, i cosiddetti shopper.
In relazione ai lavori preparatori alla revisione della direttiva quadro sulle acque, il Governo, riconoscendo la centralità dell’attuazione della stessa in quanto indispensabile per la gestione sostenibile della risorsa idrica ed il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030, attraverso la partecipazione attiva nell’ambito della Strategia Comune di attuazione, tra le altre cose mirerà all’inclusione degli aspetti quantitativi oltreché qualitativi per favorire una migliore efficienza nell’uso della risorsa idrica attraverso una sua più razionale allocazione. In tal senso, il Governo punterà all’applicazione di appropriate metodologie per la redazione dei bilanci idrici, che consentano di calcolare con continuità il saldo tra la disponibilità ed i prelievi e di programmare le scelte allocative.
In tale contesto, nell’ottica di raggiungere l’obiettivo del buono stato dei corpi idrici, l’ambizione dell’Italia è quella di proporre alla Commissione l’inserimento nell’articolato della direttiva di una proroga oltre il 2027 così da assicurare con maggior garanzia e minor impatto sociale ed economico il raggiungimento dell’obiettivo di stato buono per i corpi idrici.
Si segnala inoltre che, anche in tema di economia circolare, la Commissione europea intende presentare entro la fine del 2017 una proposta legislativa per definire i requisiti minimi relativi al riutilizzo delle acque per l’irrigazione e il ravvenamento delle acque sotterranee, finalizzata a promuovere un uso efficiente delle risorse idriche e a favorire il riutilizzo delle acque reflue per rispondere ai problemi di scarsità di acqua, rimuovendo i diversi ostacoli che ancora ne limitano la diffusione attraverso una azione a livello europeo. In tale ambito il Governo, nel dare sostegno all’iniziativa della Commissione, riaffermerà tra le altre cose, il ruolo del riutilizzo delle acque reflue, quale strumento per affrontare i problemi di scarsità idrica e per l’adattamento ai cambiamenti climatici.